La tesi secondo cui i crediti verso la società cui rinuncia il socio si considerano per ciò stesso incassati e dunque tassabili in capo al socio, non trova più applicazione a partire dall’introduzione dell’articolo 88, comma 4-bis, del Tuir, ad opera del decreto internazionalizzazione (Dlgs 147/2015). Questa importante e innovativa precisazione è stata confermata dalla sentenza n. 16595/2023 della Cassazione.
Sentenza n. 16595/2023 della Cassazione
La vicenda riguarda un socio che ha rinunciato al rimborso di una parte del finanziamento eseguito in favore della società partecipata, inclusi gli interessi maturati su di esso. L’Ufficio aveva ritenuto di poter considerare incassati gli interessi stessi, in virtù del suddetto principio dell’incasso giuridico. La Corte, che in passato ha sempre avallato questa interpretazione, ha invece rigettato le ragioni dell’Ufficio, in ragione del fatto che, con l’entrata in vigore del comma 4-bis dell’articolo 88 del Tuir, è venuto meno qualsiasi salto d’imposta che ne giustifichi l’applicazione.
La Cassazione ha in primo luogo ricordato come la ratio dell’incasso giuridico sia quella di prevenire arbitraggi fiscali che si verificano quando un soggetto (la società) è tassato per competenza mentre l’altro (il socio) è tassato per cassa. Così, ad esempio, nel caso in esame, la società avrebbe potuto dedurre gli interessi sul finanziamento per competenza mentre il socio, se persona fisica, li avrebbe dichiarati solo dopo l’incasso.
Formulazione originaria art. 88 TUIR della rinuncia dei soci ai crediti
Nella formulazione originaria, l’articolo 88, la rinuncia dei soci ai crediti verso la società, dal lato non erano considerate sopravvenienze attive, e dall’altro (per il socio) incrementavano il costo fiscalmente riconosciuto della quota sociale. Per evitare questa doppia non tassazione, l’Amministrazione finanziaria, supportata da plurime pronunce della Cassazione, aveva elaborato il concetto di incasso giuridico secondo cui la rinuncia a crediti tassati per cassa ne presuppone l’avvenuta percezione, sotto il profilo tributario.
Conseguenze della sentenza n. 16595/2023
Viene osservato correttamente dalla fine del 2015 (con il Dlgs 147/2015) è stata prevista una simmetria tra sopravvenienza attiva non tassabile in capo alla società e costo fiscalmente riconosciuto del credito rinunciato. Ne deriva che poiché un credito tassato per cassa ha valore fiscale pari a zero, nell’esempio sopra considerato la società realizza una sopravvenienza attiva pari all’intero importo nominale del credito rinunciato.
Quindi la rinuncia in esame genera un componente positivo di reddito sulla società e non sul socio, come in effetti dovrebbe essere. Per la stessa ragione, poiché il valore fiscale del credito è pari a zero, non si determina neppure un incremento del costo della partecipazione.