Per i soggetti che intendono intraprendere ex novo in Italia attività di ricerca o di insegnamento sono previste due agevolazioni fiscali alternative: una che accorda la detassazione del 90% dei redditi di lavoro dipendente e autonomo (art. 44 del DL 78/2010), e l’altra, di origine convenzionale, che invece contempla l’esenzione integrale.
L’accesso all’uno o all’altro beneficio andrebbe pianificato ex ante al momento dell’ingresso in Italia, dipendendo la scelta da diversi fattori.
Agevolazioni fiscali da Convenzioni
Guardando all’esenzione da Convenzione, per come essa è formulata nei diversi Trattati non è subordinata all’acquisizione della residenza in Italia (condizione che risulta invece necessaria per accedere all’agevolazione prevista dall’art. 44 del DL 78/2010), quanto piuttosto al fatto che la persona che è o era residente in uno Stato estero soggiorni in Italia per svolgere la propria attività in qualunque tipo di istituto (università, college, etc).
Nel caso dell’attività di ricerca, è generalmente prevista l’ulteriore condizione che l’attività sia svolta nell’interesse pubblico (la valutazione, a ogni modo, va fatta in base alle formulazioni delle singole Convenzioni). Il soggiorno nello Stato ospitante deve avere carattere temporaneo, generalmente non superiore a due anni, e a tale periodo si ricollega il riconoscimento del beneficio.
In merito a tale requisito, i diversi Trattati impiegano formulazioni differenti e non esistono orientamenti consolidati. La risposta ad un interpello dell’Agenzia delle Entrate n. 472/2020 sembrerebbe concludere per la decadenza dal beneficio a fronte del superamento del limite temporale di due anni.
Residenza Fiscale
Nelle valutazioni del potenziale interessato la prima questione da verificare è quella della residenza fiscale. Se questa viene mantenuta all’estero in virtù, ad esempio, dei legami familiari, l’unica chance per evitare (del tutto) l’imposizione italiana è rappresentata dalle Convenzioni. Occorrerà quindi presentare al sostituto italiano il modello D completo della certificazione di residenza rilasciata dall’Amministrazione estera, indicando su tale modello l’articolo del Trattato che si invoca (si tratta in genere dell’art. 20); il legame con l’altro Stato deve essere forte e debitamente dimostrato, posto che l’Italia ha titolo a considerare la persona quale un proprio residente in base alla presenza fisica sul territorio italiano durante il periodo di docenza o ricerca, che di regola supera la metà dell’anno solare.
Se viene acquisita la residenza italiana, il docente o ricercatore può beneficiare, alternativamente, dell’esenzione convenzionale o della detassazione del 90% del reddito prevista dall’art. 44 del DL 78/2010.
Ove il contratto di lavoro sia temporaneo, la prima scelta è maggiormente favorevole.
Ove, invece, la persona abbia in prospettiva di rimanere in Italia oltre il biennio, la stessa potrebbe avere interesse a fruire fin da subito dell’alternativo regime di detassazione di cui all’art. 44 del DL 78/2010, inviando la richiesta al datore di lavoro.
Resta fermo che, in questi casi, una eventuale interruzione anticipata del rapporto con ritorno della persona nello Stato di origine potrebbe integrare le condizioni per una richiesta di rimborso dell’imposta italiana pagata sul 10% della retribuzione, facendo valere le norme convenzionali sugli insegnanti e ricercatori.